Davide si è rivelata una persona eccezionale e soprattutto esperto della zona e ci ha portati in luoghi meno conosciuti e poco turistici fuori dalle rotte comuni...
In una calda e soleggiata giornata di luglio, dopo circa 12 ore di volo, scendiamo dall’aereo: la nostra tanto sognata meta é proprio davanti noi, siamo in Africa!
Questa volta il nostro spirito avventuriero è stato messo da parte, essendo la prima volta in Africa, abbiamo deciso di appoggiarci a Davide, un bravissimo fotografo che organizza strepitosi viaggi con un’attenzione particolare oltre che all’organizzazione dell’itinerario anche alla parte fotografica.
Normalmente preferisco organizzare in autonomia le vacanze, perché desidero conoscere i luoghi e le destinazioni in modo autonomo e secondo me più vero rispetto ai viaggi organizzati, ma in questo caso mi sono dovuta ricredere! Davide si è rivelata una persona eccezionale e soprattutto esperto della zona e ci ha portati in luoghi meno conosciuti e poco turistici fuori dalle rotte comuni.
Non si tratta di un viaggio “da catalogo” ma di un tour testato nel tempo e organizzato per pochi partecipanti in modo da poter dormire in strutture più piccole e per qualche notte provare l’emozione di entrare in piccole tende e addormentarsi avvolti dai suoni della dirompente natura africana.
Pronti a partire?
Prima tappa: Cheetah Conservation Foud - Centro di recupero ghepardi orfani o malati.
Qui vengono salvati numerosi ghepardi, alcuni dei quali riescono ad essere reintrodotti nuovamente in natura e in libertà.
In questo luogo è possibile osservare da vicino questi splendidi gattoni che vengono allenati quotidianamente per non fargli perdere la loro naturale elasticità e quindi permettergli, un giorno, di tornare a vivere in totale libertà.
Durante la nostra visita ci hanno raccontato dell’importanza di questo centro di recupero, in grado di salvare la vita di questi animali che altrimenti andrebbero incontro in un prossimo e non troppo lontano futuro ad un’estinzione certa.
Il problema essenziale è che i ghepardi si avvicinano sempre di più alle case abitate dai contadini cercando possibili prede negli animali tenuti nelle vicinanze. Per questo, spesso vengono uccisi dai contadini stessi che vedono in loro una pericolosa minaccia per il gregge.
Per superare questo problema è partita una campagna di sensibilizzazione proprio dei contadini, dove gli è stato spiegato che affiancando al gregge il cane Pastore dell’Anatolia, i loro animali corrono molti meno rischi e in caso di attacco, la maggiore parte delle volte, i ghepardi vengono fatti scappare.
Abbiamo potuto assistere ad una “run session”, organizzata per tenere in allenamento i ghepardi salvati. Oltre all’emozione di trovarsi giusto a qualche metro di distanza da questi felini, che correvano proprio davanti a noi senza barriere o recinzioni, abbiamo dovuto subito entrare “nella mente del fotografo” e utilizzare le migliori tecniche imparate fino ad ora per ottenere lo scatto perfetto!
Sfiniti dalla corsa, questi eleganti e sinuosi animali si sono avvicinati e … hanno iniziato a fare le fusa! Un momento indimenticabile e devo dire che il desiderio di accarezzare e avvicinarsi a questi gattoni era davvero alto… ma meglio non dare troppa confidenza, di certo le loro unghie non sono come quelle dei nostri gatti!!
Lascio il link al Cheetah Conservation Fund per chi volesse sapere qualcosa di più su tutta la loro attività di salvaguardia e informazione dei ghepardi.
Seconda tappa: Etosha National Park
Al nostro risveglio (bisogna abituarsi a delle levatacce) ci prepariamo velocemente, il desiderio di raggiungere la nostra prossima meta è alto… il Parco Nazionale Etosha!
Dedicheremo a questo parco ben 3 giorni, fatti di avvistamenti, appostamenti e momenti vissuti immersi nella natura. Il valore aggiunto di questa esperienza è stato dormire in tenda, appena si è a terra sdraiati ci si ritrova circondati da animali di ogni genere e avvolti da suoni e rumori decisamente sconosciuti. Durante la notte siamo stati destati da un leggero calpestio, quasi un rumore di piccoli passi: erano dei teneri sciacalli venuti a farci visita probabilmente alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Qui i suoni della natura prevalgono su ogni cosa: niente vociare umano, rombo di motori o clacson fastidiosi, ci si ritrova immersi in un mondo a cui non si è ormai più abituati. Dove l’uomo è decisamente piccolo ed insignificante, di fronte al paesaggio circostante, con i suoi immensi spazi e animali che vivono in libertà seguendo la consuetudine delle regole della vita.
La cosa che più mi ha colpito è che tutto è creato in funzione degli animali e noi possiamo entrare, in punta di piedi ad osservarli, senza però disturbarli o arrecare fastidio.
Non è facile scattare la fotografia perfetta, molte volte l’azione avviene in pochi secondi proprio davanti a noi e se non si è preparati e pronti, con tutte le impostazioni della macchina fotografica corrette (diaframma, esposizione, la luce è giusta?) dopo ore di attesa è davvero un peccato vedere sfumare davanti a sé l’occasione di portare a casa lo scatto perfetto o quasi della natura più vera.
Terza Tappa: Epupa Falls
Lasciati alle nostre spalle la natura selvaggia del parco Etosha ci dirigiamo verso il confine nord del paese con l'Angola. Il paesaggio cambia davvero drasticamente lasciando spazio ai nostri occhi di vedere al di là dell'orizzonte!
E Qui la natura regna incontrastata, per ore ed ore non vi è davvero niente, i nostri sguardi spaziano al di là del finestrino sulle distese namibiane che lasciano davvero senza fiato. E poi cosa succede? Al bordo della strada due bambini di 5 o forse 6 anni che camminano… per andare dove? Probabilmente, stanno semplicemente tornando da scuola e il loro villaggio è "solo" a diversi km di distanza, nascosto alla nostra vista. Queste scene di Africa ordinaria lasciano sempre un po' perplessi e la sensazione è proprio che la vita non sia sempre come la immaginiamo nella nostra testa da occidentali. Niente mezzi di trasporto, autobus o macchine. Il trasporto qui è davvero green… si cammina!
Queste sono le terre delle popolazioni nomadi namibiane, gli Himba che ancora oggi si spostano di villaggio in villaggio seguendo il movimento degli animali e gli Herero che invece hanno deciso di fermarsi e seguire una vita leggermente più in stile "occidentale".
Ci fermiamo nella cittadina di Opuwo, alle porte del Damaraland, avvertiamo un certo languorino: è ora di pranzo! Il menu' perfetto? Orice alla griglia con patatine fritte! Di certo in Namibia non si può fare dieta, c'è stata una forte influenza tedesca che dal 1884 al 1914 aveva reso queste terre un propria colonia. Per questo è facile trovare piatti tipici dell'Alemania come crauti, würstel e salciccia!
In questa cittadina, considerata uno snodo all'ingresso delle distese sconfinate che poi portano alle cascate Epupa, si trovano gli Herero, una popolazione oramai stanziale che ha deciso di vestire alla occidentale grazie all'allevamento o alla vendita di artigianato ai turisti. Solamente alcuni di loro indossano i vestiti tipici ed è difficile non notarli: sono indumenti tipici del periodo di fine '800 portati proprio dai tedeschi. I più giovani, e soprattutto gli uomini, pare invece voler tagliare con il passato e avvicinarsi al mondo occidentale, perché tendono ad indossare t-shirt e jeans.
Il popolo Himba è tutt'altra storia. Qui l'incontro si fa decisamente più profondo e difficile, sia per semplici problemi di lingua che di modo di vivere. E' incontrare l'altro più diverso e lontano che affascina e lascia un segno nel cuore di chi poi torna a casa. Ma di questo ne parlerò nel prossimo articolo!
Dopo ore ed ore di strada sterrata e terre desolate, che rendono la zona davvero suggestiva, arriviamo alla nostra meta: le Epupa Falls! Qui si rimane davvero a bocca aperta: come è possibile che in mezzo al nulla, al secco più secco ... Basta un fiume a creare una vera oasi verde, rigogliosa e dai mille colori del tramonto?!
Ovviamente l'orario del nostro arrivo non è causale, Davide ha calcolato alla perfezione i tempi per farci arrivare al tramonto e poter così scattare delle foto bellissime!
Abbiamo trascorso la notte nel piccolo campeggio lungo la riva del fiume Kunene, il paesaggio ci è rimasto impresso. E con un pizzico di timore (non è che dal fiume di notte possa uscire un coccodrillo?!) ci addormentiamo, cullati dal suono delle cascate e dal ripetersi di ronzii e versi che ormai stanno diventando "un'abitudine" anche per noi. Ma la passione della fotografia non si smentisce e anche se stremati dal lungo viaggio, prima di entrare nelle nostre tende troviamo l'energia per un ultimo scatto notturno davvero particolare. Così, un po' per gioco, si inizia a proiettare lampi della nostra pila sulle palme che sembrano incorniciare il cielo stellato … che dite del risultato? Decisamente fuori dall'ordinario!
La nostra avventura è iniziata da qualche giorno, ma siamo davvero carichi di aspettative. La Namibia ti ruba il cuore perché è un mix perfetto di natura, animali in libertà, persone e popoli così diversi e affascinanti capaci di lasciare un segno indelebile in ognuno di noi.
Quarta tappa, popolo Himba
La mattina, come sempre molto presto, ci alziamo e in un attimo siamo pronti e dopo una bella colazione... si parte! Questa volta sulla nostra 4x4 abbiamo un ospite in più! Con noi c'è Ruyano, un simpatico ragazzo di 22 anni che fino a quando ne aveva sei ha vissuto in un villaggio Himba!
Abbiamo ripreso il percorso “saltellando” su una bella strada sterrata, ma eravamo così colpiti dai racconti di Ruyano che non ci siamo accorti di nulla!
Lungo la strada ci ha raccontato della sua vita, con un'infanzia diversa dalle nostre, per poi essere stato mandato a scuola dal padre fin dalle elementari per arrivare ad iscriversi all'università, con suo grande orgoglio.
Nonostante l'aver vissuto lontano dalla vita nomade che caratterizza questo popolo, Ruyano è molto legato alle sue origini e il suo sogno per il futuro è quello di diventare un insegnante di inglese proprio per i bambini che vivono in questi villaggi.
Dopo circa un'oretta di strada ci fermiamo: davanti a noi in mezzo ad una zona pianeggiante vediamo spuntare alcune capanne che formano due cerchi concentrici, questo è il Kraal parte centrale dei villaggi Himba. Al centro è stato costruito un recinto per il bestiame mentre le capanne a cupola si trovano nella parte esterna.
La vita di queste persone è legata al bestiame e si spostano a seconda della stagione, in modo da trovare la zona più adatta al pascolo. Gli uomini e i ragazzi più grandi durante il giorno escono con gli animali, mentre le donne, i bambini e gli uomini più anziani rimangono nel villaggio.
Una delle cose che più mi ha colpito è la presenza di alcuni villaggi lungo la strada disabitati e chiusi con delle assi di legno. In Italia, sicuramente sarebbero occupati nel giro di poco tempo... qui invece sono proprietà privata del popolo che li ha costruiti e rimangono chiusi e deserti fino alla stagione successiva, quando le mandrie vengono spostate in questa zona.
Ci avviciniamo alle piccole capanne e Ruyano ci spiega gli usi di questo popolo così diverso da noi. Subito nota che il fuoco è acceso e nella pentola c'è qualcosa di buono! Il Porridge, ovvero latte fatto bollire e ribollire per ore e mescolato con avena, forte ricordo della sua infanzia dal gusto indimenticabile! Ovviamente noi ci fidiamo della sua parola ma decidiamo di non assaggiare...
Girando per il villaggio notiamo una signora seduta davanti ad una capanna, difficile stabilirne l'età, aveva un viso segnato dal tempo e da una vita sicuramente non facile. Ruyano inizia a parlarle e notiamo un'espressione sorpresa sul suo volto... è la sua prozia! Subito sono iniziate numerose domande sulle condizioni di salute dei parenti, tra cui anche sua sorella, nonna di Ruyano, purtroppo malata, che vive in un villaggio Himba al di là del confine, in Angola. Questo incontro, del tutto inaspettato ha donato alla nostra esperienza un'atmosfera vera e davvero difficile da trovare durante i comuni viaggi organizzati.
Ripartiamo con gli sguardi dei bambini e delle persone di questo villaggio nel cuore, la comunicazione non è stata facile perché non parlano inglese, ma la presenza di Ruyano ha reso tutto più semplice ed indimenticabile.
Paragonare la nostra vita alla quotidianità di questi villaggi apre non pochi interrogativi, ma non credo sia corretto dare giudizi affrettati. Può sembrare davvero facile pensare di allontanare i bambini dai loro villaggi per dargli un istruzione in una scuola in “stile occidentale”. Ma è giusto tagliare il collegamento con una tradizione che si tramanda da secoli? Il progresso vuol dire questo, cancellare il passato?
Lo stato namibiano ha provato a creare delle scuole itineranti, in grado di seguire i villaggi Himba durante i loro spostamenti, ma sembra non ci siano stati grandi risultati in quanto i genitori preferiscono che i loro figli rimangano con il bestiame, fonte di cibo e reddito.
Lasciato Ruyano alla stazione delle corriere, da dove partirà l'autobus che lo porterà al campus universitario, iniziamo la discesa delle terre del Kaokoland che ci porteranno fino alla città di Swakopmund.
A breve le prossime tappe!!!
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